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Storie in tazzina

L’aroma di caffè nero satura la stanza e sorseggio lentamente la bevanda bollente mentre preparo il materiale di lavoro.
Accarezzo il contenitore di pelle scamosciata e con cautela lo apro. Ci sono diverse matite, dei pennelli e tutti gli strumenti che servono per dipingere.
Fisso la tela e comincio.
L’odore di grafite si impregna persino sui polpastrelli delle dita, traccio le linee con precisione, socchiudo un attimo gli occhi, respiro quell’emozione. Sì, sono ispirata e posso proseguire. Cambio matita, serve un tratto più morbido e rotondo, ogni mina ha il suo odore, ormai le riconoscerei a occhi chiusi. Ho finito il bozzetto e mi appresto a colorare.
Svito i tubetti di alluminio e verso un po’ di tempera nella ciotolina di ceramica. Le setole del pennello sono morbide, le passo nell’acqua e intingo la punta nel giallo.
I tratti corrono veloci e quel colore mi fa ricordare la torta di mele che faceva la mamma quando ero piccola; mi sembra di riuscire a percepire l’aroma della pasta frolla appena cotta e delle renette che si sciolgono in bocca. La sensazione è tangibile e passo la lingua sul palato impastato come a ricercare quei ricordi.
Il pennello adesso è asciutto. Lo inumidisco di nuovo e intingo la punta nel verde.

Traccio le linee e mi rivedo piccola con i miei genitori, mentre andiamo in spiaggia: da un lato c’è il mare e dall’altro ci sono lunghe siepi di pitosforo, piccole perle bianche racchiuse in uno scrigno di foglie verde intenso. Sento il profumo della salsedine che si attacca ai vestiti, il rumore delle onde che si infrangono sulla riva e il calore del sole sulla pelle. Mi lascio trasportare a lungo dai ricordi, mentre veloce coloro tutto il quadro.
Il disegno è quasi finito. Manca solo il marrone.
Definisco i dettagli e ripenso al legno di pino dei banchi di scuola, sento l’odore di quelle emozioni, di quando finita l’estate si tornava a scuola, si conoscevano i nuovi compagni e si aveva timore per il nuovo anno di studi che cominciava. Marrone di mandorla amara, il dopobarba che metteva mio papà la domenica mattina per andare a messa. Marrone di caldarroste, che facevamo nella padella bucata e mangiavamo davanti al camino scoppiettante. Marrone che preannunciava l’arrivo dell’inverno con il suo odore di neve.
Mi allontano un po’ e osservo il dipinto. E’ molto bello.
Accarezzo il contorno dei capelli e dei vestiti, mi sembra di sentirli vicino a me. Respiro il loro profumo attraverso le tempere e sfioro con le labbra i loro visi.
Un ultimo bacio commosso poi finisco il caffè ormai freddo.
I miei genitori mi sorridono dalla tela e sembrano felici come quando eravamo ancora insieme.

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