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Storie in tazzina

Il mio caffè del mattino era sempre da Silvio, “l’omino del caffè”, come lo chiamavano tutti in azienda.
Uomo d’altri tempi, discreto ma con la battuta sempre pronta, tipica della segacia siciliana.
Prossimo alla pensione, 40anni spesi in azienda a fare su e giù per i corridoi vendendo il caffè dai termos che preparava ogni mattina alle 5 e che portava in giro con il suo carrellino.
Un appuntamento mobile a cui nessuno in azienda rinunciava prima di chiudersi nei propri uffici persi dietro ai pc e ai grafici.
Un appuntamento col buonuomore, con la sua umanità al sapor di caffè.
Un giorno Silvio non c’é. Viene sostituito. Non ci sarà per giorni. Ha un brutto male, deve assentarsi chissà per quanto. Chissà se tornerà a salutarci, ad accompagnare con il suo buonumore almeno un ultimo caffè.
Pochi giorni dopo nasce un gruppo Facebook “Silvio e gli amici del caffè”, man mano si aggiungono tutti i dipendenti a lui affezionati, aggiungiamo la moglie perché lui non ha un account, postiamo le foto scattate negli anni con lui, le sue battute, i nostri pensieri e gli auguri di pronta guarigione.
Siamo più di due cento.
Lo aspettiamo.
E lui torna commosso, per qualche settimana di lavoro prima della pensione. Silvio ce l’ha fatta, e anche noi siamo riusciti a bere gli ultimi caffè con lui, e ancora oggi sono tanti i caffè virtuali che ci scambiamo con lui ma anche con tutti i colleghi, sempre su quella pagina, che ci fa sentire vicini anche se lontani.
“Cos’è un caffè? Se non la scusa per dire ad un amico che gli vuoi bene?”

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